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Dopo il buon esito del progetto di resettlement avviato in Giordania qualche mese fa che ha portato in Italia e al sicuro famiglie con bambini tra i più bisognosi di aiuto e di cure mediche, ora si ripete l’esperienza con i profughi  provenienti dall’Africa più martoriata: Eritrea, Somalia e sud Sudan bloccati da anni nei campi etiopici.  E’ l’Etiopia, infatti, il Paese africano con il maggior numero di rifugiati.
In questi giorni ad Addis Abeba, in Etiopia, Oliviero Forti e Daniele Albanese per Caritas Italiana e Gian Carlo Penza e Cecilia Pani della Comunità di Sant’Egidio stanno svolgendo la prima missione operativa congiunta per incontrare il Governo etiopico, l’ARRA, tutti gli attori istituzionali e alcune importanti organizzazioni internazionali tra cui l’IOM, l’UNHCR e l’associazione Gandhi  con Alganesh Fessana  per cominciare a tessere  l’importante rete collaborativa che attuerà il secondo il protocollo siglato a Roma lo scorso 12 gennaio.  . Il Protocollo di intesa con lo Stato italiano, promosso dalla Cei – che agisce attraverso Caritas italiana e Fondazione Migrantes – e dalla Comunità di Sant’Egidio (finanziato con fondi Cei 8×1000) prevede il trasferimento in Italia  dai campi etiopici di 500 profughi che verranno accolti in famiglie, parrocchie, appartamenti privati ed istituti religiosi attraverso le buone prassi già sperimentate  con il progetto nazionale di Caritas Italiana “Protetto. Rifugiato a casa mia”.
La vice ministro degli Esteri etiope, Hirut Zemene, incontrando la delegazione italiana, ha sottolineato la generosità di questa operazione umanitaria rivolta alle persone più vulnerabili e la rilevanza dell’impegno dell’Italia e della sua società civile verso i migranti in questo periodo particolarmente complesso. Grande soddisfazione è stata espressa dall’arcivescovo metropolita di Addis Abeba e presidente della Conferenza episcopale di Etiopia ed Eritrea cardinale Berhaneyesus Souraphiel e da Caritas Etiopia. Anche l’ambasciata italiana, che giocherà un ruolo rilevante nello sviluppo operativo del progetto, ha accompagnato tutti i momenti della visita dichiarandosi totalmente disponibile alla collaborazione in un progetto importante e assolutamente necessario. Le agenzie dell’Onu impegnate nella gestione dei profughi (Alto Commissariato per i Rifugiati e Organizzazione Internazionale per i Migranti), hanno offerto piena collaborazione, come pure ha fatto l’Arra, l’agenzia di Stato che si occupa degli oltre 850.000 profughi presenti in Etiopia.
La missione ha previsto  una prima ricognizione nei campi di Mai’aini e Adi Harush in Tigray, al confine con l’Eritrea, dove sono bloccati oltre 14 mila rifugiati eritrei. L’organizzazione internazionale “Gandhi Charity” è presente nel campo con diverse attività fra cui una mensa per bambini che garantisce circa 800 pasti al giorno. Nonostante gli importanti sforzi del governo e delle organizzazioni umanitarie, i profughi vivono in una condizione di profondo e sconcertante degrado.  Migliaia di persone ammassate in capanne di fango e legno e lamiera sopravvivono in accampamenti  di fortuna in luoghi isolati con i servizi minimi ed essenziali.  Quella dei rifugiati in Etiopia è una situazione che richiederebbe uno sforzo internazionale importante al fine di restituire dignità e futuro a queste in particolar modo a quelle più vulnerabili. Ed è proprio a loro che si rivolge il programma di corridoi umanitari che lo vedrà prossimamente accolti nelle comunità in Italia.